La storia di Le Coq Hardi
Cosa c’entra una favola con “Le Coq Hardì”, ovvero il nome di battesimo delle barche a vela di famiglia Pavesi?
C’entra eccome, perché mai e poi mai da adolescenti avremmo pensato di tirarla così a lungo a regatare, sempre e solo fra amici stretti, e con discreti risultati.
Le regole della favola? Amici dilettanti a bordo, solo raramente professionisti, ed ancora più raramente velisti non nati nelle file del club di appartenenza, il Circolo del Remo e della Vela Italia di Napoli.
Papà Giorgio detto “il capitano”, aveva indole meditativa, da prudente e navigato uomo di finanza, prima ai vertici della ex Comit e poi dell’IBI. Quindi, prima un Brigand 7.50, il “Florella” preso dalla famiglia del prof. Nicola Castellino. Poi “Derade”, un Comet 7,70 e quindi “Siddharta”, un Balanzone armato in testa d’albero del cantiere Intercarene di Fiumicino. E poi ancora “Chiaro di Luna”, sempre un Balanzone, ma questa volta più aggressivo, con armo frazionato e poppa allungata, zebrato di blu notte su design di Maurizio, fatto fra un compito di matematica ed una versione di latino al liceo scientifico Mercalli di Napoli.
Questo girovagare di barche più da crociera che per regata, corrispondeva esattamente a quello della famiglia romana, con papà Giorgio bancario e mamma Paola, insegnante alle redini dei due rampolli: Maurizio nato a Roma, Gianpaolo a Trieste, e poi via via Palermo, Firenze, Cagliari, e Napoli più o meno a vita.
Per rompere la timidezza della nuova città, s’inizia a Cagliari con l’iniziazione. Poi sui FJ al CC Napoli, sui plasticoni Alpa prima (quelli giallo arancio fosforescente per intenderci) e poi sui Galetti in legno pregiato, quelli del tipo nuovo per chi ci ha navigato, dal 1975 in poi, quando il Campionato Italiano vinto dai triestini De Martis-Straniero si teneva a Napoli.
Sul Chiaro di Luna iniziò l’inversione di tendenza, leggi più regata che crociera. Con papà Giorgio che si vedeva sottratta di soppiatto la barca ai bagni di famiglia, a causa dei ripetuti colpi di cannone: dei due ragazzi, ma anche della giuria. Raimondo Cappa al timone aiutò nel dare la svolta, quale 470ista di razza e dipendente IBI anche lui. Un colpo al cerchio ed uno alla botte, si parte, anche grazie al posto assicurato a bordo anche all’armatore.
La vera svolta arriva nel 1983, sui J24, sui quali posto per adulti proprio non c’era! Di qui le difficoltà iniziali nel varo del J 22 ITA 98, vele Horizon ed albero fatto dal cantiere di Paolo Boido, flessibile come un bambù anche fra una sartìa e l’altra.
Il nome Le Coq Hardi nasce da un viaggio a Parigi nel Natale 1980, dove il trio in versione turistica era composto da Gianpaolo Pavesi, Gianluca Lamaro, e Roberto Perrone Capano. Uniti da un’adolescenza trascorsa nello stesso parco a Napoli, carriera velica, e dalle rispettive amicizie rosa triestine. Figlie della carriera velica in FJ di Gianluca, che aveva un debole – del tutto corrisposto- per la famiglia Beltrame: rivali in barca, ma non a terra, e soprattutto con le belle ragazze.
Alfredo, la nostra guida romana amichevole, residente a Parigi, portò il gruppo a vedere la verdura (leggi i giardini) di Versailles. A sera, sulla via del ritorno innevata, ci si ferma in un tempio del buon bere. Il pub del gallo baldanzoso, che in francese aveva appunto nome di “le coq hardì”; e che in inglese aveva significato meno nobile, anche un filo più spinto. Tanto bel nome, buon bere, musica e compagnia, lasciarono il loro segno: sarebbe carino chiamare così una barca, si dissero Gianpaolo e Roberto, in quanto Gianluca era già a livello pre olimpico.
A distanza di 4 anni, ecco l’occasione del J24 da battezzare. Il logo lo disegna Stefano Mango, amico di sempre e figlio d’arte, nonché futuro compagno di scorribande veliche. Matita sulla murata prima, e poi pennello rosso fuoco.
Stefano fonde il logo del pub, con quello di una casa editrice, disegnando il gallo baldanzoso su ambo le murate, con artigli e cresta un filo ipertrofici.
Le Coq “numero 1” prepara la strada in autunno, faticando non poco per convincere Francesco (ndr de Angelis), compagno di classe al liceo Umberto di Gianpaolo e fresco campione Europeo juniores Finn a Barcellona 1982, a prendere il timone. Cosa non agevole per tutte le garanzie tecniche richieste da Francesco, equipaggio in primis. Quindi a terra papà Giorgio; a bordo Raimondo Cappa, più esperto e grande di età del gruppo. Maurizio alla regìa, Gianpaolo alle scotte. E Roberto, ovvero io, che lascia il timone del J “Imp” e del 470 sociale, per salire a prua del J24 con responsabilità delle regolazioni sartìe e soprattutto di motivare a dovere il timoniere, vecchio amico di famiglia con cui non ha segreti reciproci.
L’esordio? Una banalissima regata invernale con libeccio teso ed onda lunga, che entusiasma i 5 all’unisono: si plana da matti, pompando e rollando con il peso, saltando sulla prua per poi spostarsi tutti a poppa. Vincendo in reale e compensato fra i mini altura tutti, ma soprattutto divertendosi a bordo, e la sera in una della rispettive case napoletane, con amici comuni.
Le Coq Hardì I-98 lascia quel campionato invernale in dono al secondo in classifica, per altri impegni concomitanti con l’ultima prova, quella della coppa Giuseppina Aloj, avendo già saltato le prime prove novembrine causa indecisioni di Francesco. Fra lo stupore di Alberto Lezzi, Savoiardo docg e papà di Andrea, oggi comandante a vela su tutti gli oceani, che ci prende per pazzi. “Puntiamo ad ottenere un pò di più” la ponderata risposta dei 5 ragazzi, in serena valutazione dei vari calendari agonistici. Era il 1983: Gianpaolo il più giovane aveva 22 anni, e Raimondo, il più esperto del gruppo, meno di 30! Poi Francesco 23, Roberto 24, e Maurizio 26. Seguì la vittoria netta all’italiano di Napoli del 1984, e del successivo Europeo, sempre a Napoli, in modo rocambolesco sull’altro equipaggio sociale con cui fu dal primo giorno lotta agguerritissima, senza esclusione alcuna di colpi: “Pall’ e’ Cannone” di Peppe Leonetti dei Conti di Santo Janni, la cui indole sportiva faceva letteralmente a pugni, oltre che con i suoi rivali in mare, con il nome della famiglia napoletana di lunghe e blasonate tradizioni.
Ancora dopo? Lascio il racconto ai miei amici di bordo per non annoiarvi oltre. Ma scrivo a fine 2016, ed andiamo ancora in barca insieme. Di rado con Francesco e Raimondo, impegnatissimi nei rispettivi lavori fuori Napoli. Ma sempre con Maurizio e Gianpaolo. Ultima regata? A Palermo per l’Italiano ORC 2016, dove l’X 41 Le Coq Hardì, con i suoi tre moschettieri a bordo ed Aurelio Dalla Vecchia al timone, ha centrato i top ten overall ed il titolo italiano di classe. Sempre senza professionisti a bordo, con 9/10 dell’equipaggio tesserato per lo stesso Circolo, il Remo Vela Italia di Napoli.
Fra il 1984 ed il 2016, 32 anni di ritagli di tempo libero condivisi, con il fiore all’occhiello dell’amicizia ricamata senza mai uno strappo al filo, ed il titolo mondiale 1987 (J24 I-211) su classe monotipo, contro la fortissima flotta Usa capitanata da Jim Brady, Ken Read, Dave Curtis e Vincent Brun. Per noi, un po’ come dire di aver gareggiato contro Bolt, Lewis, Mennea e Borzov tutti insieme. E per almeno una volta, di averli sonoramente “paliati” ad armi pari: grazie Cocco, versione napoletanizzata ed affettiva del tuo nome di battesimo.
Hai 32 anni, ma non li dimostri affatto!
Roberto Perrone Capano